Descrizione
«Nell’ ambito delle iniziative intraprese nel corso dell’Ottocento per onorare la memoria ed il culto di Dante si inserisce il primo documento che mette in relazione l’Imbriani con il grande fiorentino, ovvero una Sottoscrizione per un Monumento al F.. Dante Allighieri in Napoli proposta nel corso dei primi anni Sessanta dalla loggia massonica napoletana Libbia d’oro, di cui Vittorio Imbriani fu segretario, per la realizzazione di un monumento che celebrasse il Sommo Poeta nella ricorrenza del sesto centenario della sua nascita (1265-1865): Come i Longobardi infiggevano una lancia nel suolo conquistato, e noi così vorremmo innalzare un Monumento a Dante Allighieri in Napoli si legge infatti nel comunicato alle altre logge massoniche della penisola. L’opera, composta dal basamento, dal piedistallo e dalla statua dell’Alighieri, è oggi collocata nell’omonima piazza di Napoli dinanzi al Palazzo Bagnara in cui il marchese Puoti teneva le sue lezioni sul purismo nella lingua italiana». Cfr. Noemi Corcione, Vittorio Imbriani. Scritti danteschi, Napoli 2011, p.40. [Vittorio Imbriani Scritti danteschi].
Vittorio Imbriani (Napoli 1840-1886) figlio di Paolo Emilio e di Carlotta Poerio, passò la sua prima giovinezza in esilio. Tra le personalità più eminenti ed affascinanti della cultura italiana ed europea, della seconda metà dell’800, l’esperienza, le frequentazioni e gli studi all’estero gli conferiscono uno spiccato spirito critico ed un pensiero politico-civile di livello europeo. È stato, insieme con Niccolò Tommaseo, il più importante conoscitore della lingua italiana del XIX secolo. Scrisse centinaia di opere fra libri e opuscoli: articoli politici e letterari, saggi filosofici e di critica letteraria e d’arte, studi filologici, romanzi, racconti, poesie, studi di dialettologia e folklore (fu tra i primi raccoglitori di fiabe popolari). Giornalista e polemista vivace e instancabile, nella politica e nelle lettere (Fame usurpate, 1877), collaborò all’Italia di F. De Sanctis (1863-66), alla Patria, di cui fu direttore, alla Nuova Patria (1870-71). Nel 1872 si trasferì a Pomigliano d’Arco, dove fu eletto Sindaco per pochi mesi. La sua opera narrativa rivalutata negli ultimi decenni, si distingue nel panorama letterario del tempo per un’estrosa inventiva linguistica, non aliena da arcaismi e da contaminazioni dialettali, che corrisponde a un atteggiamento programmaticamente anticonformista. Nel 1878 si sposa con Gigia Rosnati, gentildonna milanese figlia di Eleonora Bertini con la quale Imbriani ebbe una lunga e intensa relazione, e si stabilisce a Pomigliano d’Arco. Da questa unione nacquero due figli che però morirono entrambi bambini. Nel 1884, vince la cattedra di estetica all’Università di Napoli, ma il suo stato di salute non gli consentirà d’iniziare le lezioni. Muore il 1° gennaio 1886 a Pomigliano d’Arco. Si occuparono di Imbriani, contribuendo a diffondere e mantenere la conoscenza di questo autore, Benedetto Croce, Gino Doria, Nunzio Coppola, Alda e Elena Croce.